Sciuscià by Bruno Maida

Sciuscià by Bruno Maida

autore:Bruno Maida [Maida, Bruno]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2024-02-27T12:00:00+00:00


Le voci degli sciuscià.

Augusto ha undici anni quando, il giorno di Natale del 1945, viene consegnato a due genitori adottivi che lo portano in una bella casa, con una camera tutta sua, un bagno con la vasca e due cani con cui può giocare. Osserva curioso la grande libreria della sala, prende alcuni libri, ma li ripone subito perché non hanno figure. Augusto ha imparato molte cose da quando, due anni prima, è scappato di casa. Le ha imparate sulla strada, dove ha raccolto e venduto cicche, si è procurato due spazzole e ha fatto lo sciuscià nella Roma occupata e poi liberata. Sulla strada ha vissuto molti mesi, dormendo negli androni, chiedendo cibo prima ai tedeschi e poi agli americani. Ha imparato qualche parola straniera, e per un po’ si è arrangiato, incontrando sempre maggiori difficoltà. Alla fine le donne dell’Udi lo hanno trovato su un marciapiede e lo hanno fatto accogliere all’Ospizio dell’Orfano. La storia di Augusto parte da lontano, da una madre di cui ricorda solo la bellezza e da un padre che lo ha sempre picchiato costringendolo a fuggire piú volte da casa per sottrarsi alle percosse. È l’«Avanti!» a pubblicare la storia di Augusto, se non altro perché i genitori adottivi sono due compagni socialisti20. Il cognome del bambino il giornale non lo rivela ma è probabile che si tratti di Augusto Febbi, il quale piú di cinquant’anni dopo pubblica un libro di memorie, Una vita da due soldi, il cui sottotitolo è L’ultimo sciuscià21.

Quella di Augusto è una biografia esemplare nella vicenda che stiamo raccontando. Nasce a Roma nel 1934 in una famiglia poverissima che vive in uno stanzone diviso in due da una tenda: da una parte lui, i suoi tre fratelli e i genitori; dall’altra gli zii e altri quattro bambini. A governare quella casa disadorna e senza bagno, e a vegliare su otto bambini non piú grandi di sette-otto anni, è la nonna. L’unica a lavorare, presso un piccolo banco di frutta e verdura, è la madre di Augusto, la sola figura positiva fra tanti adulti dediti per lo piú al vino e ai loro piaceri. La zia, cosí la ricorda il bambino, è una donna volgare e di facili costumi. Quando la madre muore di tubercolosi nel 1938, il padre se ne va di casa e la situazione peggiora rapidamente. I molti membri di quella famiglia allargata non hanno da vivere né da pagare l’affitto del tugurio in cui abitano, e vengono cacciati di casa. Non sanno dove andare e infine si sistemano in una grotta, il cui interno è nuovamente diviso in due da una tenda: «Nella nostra incoscienza non subimmo alcun trauma: sin dalla nascita e forse prima fummo iniziati a vivere come animali, forse l’unica differenza era il nostro camminare su due piedi, quasi sempre scalzi»22. Nessuno degli otto bambini ha le scarpe e ad accudirli continua a essere la nonna («Non seppi mai cosa volesse dire o significare essere figlio o avere una madre»23) fino alla sua morte, che si verifica di lí a poco.



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